lunedì 18 ottobre 2010

La superstizione - Inchiesta con Padre Gilles Jeanguenin

Nel libro della San Paolo “Non è vero... ma ci credo”! analizza le superstizioni più diffuse. 
E spiega: «Credere davvero è il miglior antidoto».
Che succede se a scrivere di superstizioni non è il solito sociologo, ma un giovane esorcista? Che ne esce un libro per nulla pedante, e per certi versi sorprendente. Lui è padre Gilles Jeanguenin, di origine svizzera, laureato in Teologia, ora sacerdote della diocesi di Albenga-Imperia, specializzato in psicopatologia clinica ed esorcista ufficiale della diocesi ligure. Il libro, in uscita per le edizioni San Paolo, s’intitola Non è vero... ma ci credo!, da una battuta di Totò.
- Perché un esorcista decide di occuparsi di gatti neri e cabala?
«Ho voluto scrivere questo libro a partire dalla mia esperienza. Svolgere un ministero di liberazione non si limita a scacciare i demoni, anzi, bisogna combattere anche tutte le "diavolerie" che la gente si mette in testa, a cominciare dalla superstizione, dall’ignoranza religiosa e dalle forme devianti della fede».
 - Il libro inizia con i risultati di un’indagine in una scuola del Nord Italia. Quali risultati l’hanno più colpita? 
«Dalla mia inchiesta svolta presso un liceo del Nord Italia risulta che il 38 per cento dei giovani crede in una o più superstizioni. Queste forme giovanili sono vissute generalmente come supporto e mezzo per superare una scarsa fiducia in sé, angoscia, paura dinanzi a esami o ad altre difficoltà della vita. I giovani non sono legati alle superstizioni "contadine" dei loro avi, ma sono fortemente attratti da quelle high-tech, che utilizzano tecnologie e mezzi di comunicazione per aprire una porta sul mondo dell’esoterismo, e spesso anche della violenza e del neopaganesimo».
 - Ci fa qualche esempio? 
«Ce ne sarebbero tanti. Sono generalmente paure infondate e irrazionali a partorirle. La moda e lo sport sono terreni molto fertili, dai quali sbocciano tante fantasie e bizzarrie della gente. Ad esempio, fa sorridere l’abitudine portafortuna dell’hockeista della squadra dei Senators di Ottawa, Bruce Gardiner, che, prima di entrare sul ghiaccio, immerge sistematicamente il bastone di hockey nell’acqua dei gabinetti».
 - Secondo lei, si vive peggio da scettici o da superstiziosi? 
«Male in entrambi i casi. L’equilibro psicologico della persona e la fede cristiana trovano una piena serenità in un evolversi nella fiducia, nella speranza e nell’ottimismo, che sono autentiche virtù evangeliche».
 - Cosa insegna la Chiesa nei riguardi della superstizione? 
«La parola di Dio e la Chiesa condannano totalmente ogni superstizione, perché pone l’uomo che aderisce a tali credenze in contrapposizione con la fede, con il vero culto dovuto a Dio e con la fiducia che si deve riporre in lui».
 - Perché molti cattolici oggi sono inclini alla superstizione?
«Purtroppo molti cristiani sono ancora schiavi di questi atteggiamenti: colpa dell’ignoranza? Di mancanza di formazione catechistica? O forse anche del fatto che alcuni pastori della Chiesa non sono riusciti a sradicare completamente la mentalità tinta di superstizione che inquina certe pratiche più o meno religiose e alcune devozioni popolari?».
 - Come convincere una persona superstiziosa che il suo è un atteggiamento infantile e irrazionale?
«Non è una missione impossibile. Mi capita spesso di dovere rassicurare, "esorcizzare" le paure e le ansie di certe persone che vengono a consultarmi e di risanare un terreno che sia favorevole alla loro crescita spirituale. Qui è determinante la formazione religiosa, accompagnata da una buona dose di pazienza!».
 - Ha mai posseduto un portafortuna o mai fatto un rito scaramantico? 
«Forse sì… Qualche volta mi sono domandato se non ci siano state persone che nella vita possano avermi "portato male". Più seriamente, ricordo che da ragazzino mi piaceva tenere come porta-fortuna un quadrifoglio nel portamonete. Ora, è ovvio, pongo ogni cosa nelle mani della divina Provvidenza».

Alberto Laggia per Famiglia Cristiana


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