martedì 19 ottobre 2010

Caso di possessione n.3


Testimonianza di una religiosa della Visitazione vessata dal demonio

(1622-1623)

Nulla sembrava aver destinato la vittima della vicenda, Claire-Marie Amaury, a queste singolari disavventure. Essa risponde sotto molti aspetti al profilo tipo delle religiose che facevano il loro ingresso nella Visitazione di Parigi in quegli anni. Come la maggioranza delle sue consorelle proviene dalla nobiltà. Suo padre, Jean Amaury, si definisce «funzionario ordinario di guerra».
Nata tra il 1602 e il 1604, entra nella comunità parigina nel 1620, quando vi fa la sua professione, nel 1622, ha dunque tra i 18 e i 20 anni, il che corrisponde all’età media delle professioni alla Visitazione. Fin dalla sua giovinezza, se c’è da credere alla sua biografia, «la giovane Amaury parve non avere altra inclinazione che per la pietà», per molto tempo è «sotto la guida di un devoto ecclesiastico, cappellano di Mons. Camus che aveva in grande venerazione il nostro santo fondatore».
I turbamenti iniziano, come testimonia la stessa Claire Marie «non appena ebbi fatti i miei voti», nel luglio 1622, per durare più di sei mesi. Turbamenti durante i quali «io soffrii cose che mi è impossibile dire né che si possono pensare perché credo che nessuno possa sapere né immaginarsi la forza e la violenza di simili sofferenze se non coloro che le hanno provate» Queste sofferenze si annunciano da principio con alcuni sintomi fisici: in certe occasioni «io sentivo un irrigidimento nel mio corpo» o ancora «qualcosa alla mia gola (come se qualcuno me la stringesse)», ugualmente «persi del tutto l’appetito e il sonno, perché per il poco nutrimento che prendevo ne risentivo forti oppressioni, il che mi impediva di mangiare» in modo che «il mio corpo divenne così estremamente debole che io vacillavo pressappoco ad ogni passo perché quasi non potevo reggermi». Di fronte a questi mali, tuttavia, l’intervento dei medici non serve a nulla. «Io dissi alla nostra madre superiora: tutto ciò non arriva dove è il mio male». In effetti, questo «male» è determinato soprattutto da certi stati interiori e particolarmente da quello di una «grandissima noia, di una malinconia e tristezza così grandi che io non sapevo che fare di me, non potendo in alcun modo distrarmi». Tali stati sfociano infine, in certi momenti, in «una così grande disperazione che io decidevo di uccidermi e a questo scopo prendevo il cordone della nostra croce per strangolarmi», parimenti «non posso dire il numero di volte che mi sono accostata il coltello alla gola e in altri punti per uccidermi». Quanto alle possibili cause del male tutto sembra dunque indicare l’azione del diavolo che provoca un vero “sciopero generale” contro la vocazione religiosa. In questo quadro le manifestazioni fisiche del male prendono tutto il loro significato. Così «l’irrigidimento del mio corpo» si produce «quando ero sul punto di ricevere la santa ostia», ed è «la ripugnanza che avevo per la confessione» che fa sì «che io sentissi qualcosa alla gola che mi impediva di accusarmi, perché quanto a dire bestemmie e farmi beffe di ciò che il confessore mi diceva, io parlavo senza fatica e quando egli mi faceva notare: “la tale cosa voi la pronunciate bene”, io gli rispondevo: “perché sono le mie delizie”». In modo analogo queste ripugnanze si manifestano riguardo a diversi altri gesti di pietà (la religiosa è incapace di fare orazione o di inchinarsi durante l’Ufficio) e in definitiva riguardo a tutti i doveri di religiosa e delle «nostre regole», regole che essa getta «con disprezzo dicendo che io non volevo osservarle». Tutti questi gesti di irriverenza possono essere esposti tanto più liberamente qui dove essi non sembrano altro che indici di tentazioni diaboliche. Non mancano anche testimonianze che giustificano pienamente questa interpretazione. «La notte, durante il sonno, ero agitata da molte grandi allucinazioni, orribili e oscene immaginazioni, ciò mi destava spesso e mi trovavo in tali violente agitazioni e disperazioni che mi è impossibile esprimerlo, e di seguito proferivo bestemmie contro Dio». Claire-Marie Amaury non ci dice di più su questi incubi angoscianti, ma non c’è dubbio che nell’ottica diabolizzante, queste ‘immaginazioni’ sono proprio il nocciolo della questione. I risultati non tardano giungendo all’imitazione di un vero patto con il diavolo «e assicuravo che il mio dio era il diavolo e quando la nostra madre superiora mi faceva fare qualche atto per offrirmi a Dio, dicevo che la mia intenzione era di dire al diavolo ciò che lei voleva che io dicessi a Dio. E così, avendo questa intenzione, dicevo senza fatica le parole che lei mi faceva dire». Del resto è questo che, secondo altre religiose, causa ugualmente le sue tentazioni di suicidio: «per essere piuttosto nell’inferno dove avrebbe avuto la consolazione che desiderava, che era di maledire Dio eternamente perché era questa la sua delizia». Infine non mancano neppure le manifestazioni di una ‘chiaroveggenza’ dovuta all’influenza del diavolo e che, in questo processo di canonizzazione, testimoniano naturalmente a favore del personaggio venerato. Così la religiosa si accorge immediatamente che quella «fascia in cui vi era un foglio» e che un giorno si volle «legare al mio braccio» contiene «delle Reliquie di santo, ciò che mi causò grande ripugnanza» (reliquie che naturalmente si rivelano provenire dal corpo di Francesco di Sales). E già quando giunse la notizia della morte del Vescovo di Ginevra «io concepii una così potente e forte avversione contro di lui che fui subito sicura che egli fosse beato in cielo e lodava e avrebbe lodato eternamente Dio». Queste ultime avversioni sono tuttavia annunciatrici della soluzione del dramma. In effetti, fino a quel momento i medici non erano stati i soli a dare prova di inefficacia. Lo stesso era accaduto anche a tutta una serie di consiglieri ecclesiastici chiamati in scena, tra cui il vescovo di Langres, il cardinal de Bérulle e Jean Pierre Camus, come pure «diversi altri religiosi molto stimati e sperimentati riguardo alle pene e sofferenze interiori». E vero che il principale consiglio di alcuni fra loro, quello cioè di fare ricorso agli esorcismi, non è seguito da Anne Catherine de Beaumont-Cara, superiora della comunità all’epoca, perché pensava che il diavolo non ha veramente preso ‘possesso’ del corpo dell’ossessa, essendo la religiosa sempre obbediente a certi ordini della sua madre spirituale. Ma la superiora si fidò forse anche della chiaroveggenza di Jeanne de Chantal che in una lettera datata novembre-dicembre 1622 annuncia (uno o due mesi prima della liberazione) che «la nostra suor Claire-Marie riceverà delle grandi grazie da Dio se essa ha pazienza e coraggio». In effetti, liberazione della religiosa avviene alla fine di gennaio 1623, dopo che la superiora gli ebbe fatto toccare la reliquia di san Francesco di Sales (il rocchetto del santo) che era deceduto un mese prima (28 dicembre) a Lione.
Claire-Marie Amaury finirà per condurre una carriera decisamente onorevole in seno all’Ordine: nel 1626 parteciperà alla fondazione del secondo convento parigino (via del Sobborgo di S. Giacomo), più tardi a quella della casa di Troyes. Morirà là nel 1651 dopo aver svolto per lunghi anni le funzioni di superiora di questa comunità.
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Fonti: Année sainte des religieuses de la Visitation de Sainte Marie, t. X, octobre, Annecy et Lyon, 1870, p. 224 – AVS (Archivio Segreto Vaticano) fondo Riti, Processus 996, François de Sales, Dicta et Depositiones testium remissionalium parisiens, 1628, pp. 432-442 – Cfr. Burkardt A., Visitation et visitandines aux XVII et XVIII siècles, Pubblications de l’Université de Saint-Etienne, 2001 (Trad. Visitazione di Salò) – Cfr. Coste P., Le grand saint du grand siècle, Monsieur Vincent, Desclée de B., Paris, 1934, t. 1, Cap. VIII, pp. 163-164.


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