domenica 24 aprile 2011

Meditazione per la Pasqua

 

« Perché cercate tra i morti colui che è vivo ? » (Lc 24,5)
 Beato Guerrico d’Igny nel dodicesimo secolo
 
 
         Per me, fratelli, « il vivere è Cristo e il morire un guadagno » (Fil 1, 21). Parto dunque per la Galilea, per il monte che Gesù ci ha indicato (Mt 28, 10.16). Lo vedrò e lo adorerò affinché io non muoia più, perché chiunque vede il Figlio dell’Uomo e crede in lui ha la vita eterna ; « anche se muore, vivrà » (Gv 11, 25).
 
         Oggi, fratelli, quale testimonianza sull’amore di Cristo, vi rende la gioia del vostro cuore ? Se vi è successo un solo giorno, di amare Gesù, sia vivo, sia morto, sia tornato alla vita, oggi in cui i messaggeri proclamano la sua risurrezione nella Chiesa, il vostro cuore esulta e esclama : « Mi hanno portato questa novella : Gesù, mio Dio, è vivo ! Sentite queste parole, il mio cuore che si era assopito dalla tristezza, che languiva nella tiepidezza e lo scoraggiamento, ha ritrovato la vita. » Oggi, la dolce musica di questo lieto annuncio rianima i peccatori che giacevano nella morte. Altrimenti, non si potrebbe far altro che disperare e seppellire nell’oblio coloro che Gesù, tornando dagli inferi, avrebbe lasciati nell’abisso.
 
         A questo riconoscerai che il tuo spirito ha ritrovato pienamente la vita in Cristo – se dice : « Se Gesù è vivo, questo mi basta ! Se lui vive, io vivo, poiché la mia vita dipende di lui. Egli è la mia vita, è il mio tutto. Cosa dunque potrebbe mancarmi, se Gesù è vivo ? Ancora meglio : Che tutto il resto mi manchi, non mi importa, purché Gesù sia vivo ! »
 

Campane di Pasqua

 


Campane a festa di Engelberg (CH)

venerdì 22 aprile 2011

VIA CRUCIS



Accompagniamo Gesù
sulla Via della croce


Rappresentiamoci la scena del Calvario: Gesù crocefisso, vicino a spirare e Maria che contempla il divin Figlio e pensa a ciascuno di noi e prega per tutti.
Chiediamo a san Paolo la grazia di compiere bene questa Via Crucis. Egli è il grande predicatore di Gesù crocefisso. Scrive nella lettera ai Corinti: “Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo e Cristo crocefisso” (1Cor 2,2). Invochiamo anche l’aiuto di Maria addolorata: ella ci faccia sentire il dolore dei peccati e soprattutto ci ispiri il proposito di una vita santa.

Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo
Perché con la tua croce hai redento il mondo


I. Stazione

Gesù innocentissimo accetta per la gloria di Dio e la pace degli uomini la ingiusta sentenza di morte pronunciata contro di lui da Pilato.

Amorosissimo Gesù, per tuo amore e in riparazione dei miei peccati, accetto la mia morte con tutti i dolori, le pene e gli affanni che l’accompagneranno.
Sia fatta non la mia, ma la tua volontà, o Signore.

Abbi pietà di me, Signore.


II. Stazione

Gesù riceve sulle spalle la croce. Gesù Maestro ci invita: «Chi vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (cfr. Mt 16, 24; Lc 9,23).

Sì, voglio venire dietro a te, o Gesù, mortificando le mie passioni e accettando la mia croce quotidiana.
Attirami a te, o Signore. Stretta e la via, ma conduce al paradiso. Nel cammino mi appoggerò a te, mia guida e mio conforto.

Abbi pietà di me, Signore.


III. Stazione

Gesù, affranto dall’agonia del Getsemani, martoriato dalla flagellazione e incoronato di spine, sfinito dal digiuno, cade per la prima volta sotto l’enorme peso della croce.

Gesù è caduto per sostenere coloro che stanno per cadere. Molte sono le tentazioni del demonio.
Non permettere che cadiamo in tentazione, o Signore, e liberaci da ogni male passato, presente e futuro.

Abbi pietà di me, Signore.


IV. Stazione

Gesù, che porta la croce, incontra sua Madre trafitta nell’anima da una spada di dolore. Il cuore di Gesù e il cuore di Maria sono uniti anche nella stessa passione.

Ecco i due cuori che tanto hanno amato gli uomini e nulla hanno risparmiato per essi.
O cuori sacratissimi di Gesù e di Maria, concedetemi la grazia di meglio conoscervi, amarvi, imitarvi. Vi offro il mio cuore, perché sia sempre vostro.

Abbi pietà di me, Signore.


V. Stazione

Con finta compassione, i carnefici «fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù» (Lc 23,26).

Sono anch’io tenuto a cooperare alla redenzione, completando con le mie sofferenze la tua passione, o Gesù.
O buon Maestro, fa’ che io possa accogliere nella fede e per amor tuo tutte le situazioni di dolore che incontro nella mia vita e possa essere di aiuto alle persone che soffrono.

Abbi pietà di me, Signore.


VI. Stazione

La Veronica, spinta da intensa compassione, asciuga con un lino il volto di Gesù e Gesù la ricompensa imprimendo il suo volto su quel lino.

Riconosco in questa pia discepola il modello delle anime riparatrici.
O Gesù, imprimi in me le virtù del tuo cuore santissimo, mite e umile, compassionevole e generoso.

Abbi pietà di me, Signore.


VII. Stazione

Una seconda volta vengono meno le forze a Gesù, ed egli, «disprezzato e reietto dagli uomini» (Is 53, 3), cade nuovamente sotto la croce.

O buon Maestro, tu prendi su di te il peso dei miei peccati fatti per malizia, o per essermi messo nell’occasione.
Gesù mio, detesto tutto ciò che in me ti offende e mi propongo di cercare con tutte le mie forze di vivere nel tuo amore.

Abbi pietà di me, Signore.


VIII. Stazione

Seguivano Gesù una grande folla e molte donne che piangevano sopra di lui. Egli disse loro: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli» (Lc 23, 28)

Mi umilio per le molte mie colpe personali e per quelle che altri hanno commesso per il mio cattivo esempio e le negligenze ai miei doveri.
Gesù mio, dammi la grazia di impedire per quanto potrò il peccato altrui con le opere, l’esempio, la parola, la preghiera.

Abbi pietà di me, Signore.


IX: Stazione

Per la terza volta Gesù cade sotto la croce perché la nostra ostinazione ci fa ripetere gli stessi sbagli.

L’ostinazione acceca la mente e indurisce il cuore.
Dammi, o Signore, la grazia di vigilare sopra di me, di essere fedele all’esame di coscienza e di confessarmi spesso con sincerità e impegno.

Abbi pietà di me, Signore.


X Stazione

Gesù, arrivato sul calvario, viene spogliato dei suoi abiti e gli danno da bere una bevanda di fiele e mirra.

Ecco quanto sono costati a Gesù i nostri peccati di ambizione e di golosità.
Signore, concedimi la grazia di distaccare sempre più il mio cuore da ogni vanità e soddisfazione mondana, per cercare unicamente te, somma ed eterna felicità.


XI. Stazione

I carnefici inchiodano sulla croce Gesù che soffre con spasimo indicibile, sotto gli sguardi di sua Madre afflittissima.

Appartengono a Gesù coloro che mortificano le loro cupidigie e passioni.
Io voglio essere di Gesù durante la mia vita, al momento della mia morte e nell’eternità. Non permettere, o Gesù, che mi separi da te.

Abbi pietà di me, Signore.


XII. Stazione

Gesù soffre ineffabili pene per tre ore; poi muore sulla croce per i nostri peccati.

La morte di Gesù si rinnova ogni giorno sugli altari con la santa Messa.
Gesù amorosissimo, concedimi di partecipare spesso alla santa Messa e con le disposizioni che ebbe tua Madre ai piedi della croce.

Abbi pietà di me, Signore.


XIII. Stazione

Maria, la madre del dolore, riceve tra le braccia il corpo del Figlio deposto dalla croce.

Maria contempla nelle piaghe del Figlio l’amore infinito di Gesù per gli uomini.
La devozione a Maria è un’ancora di salvezza. O Maria, accettami come figlio, accompagnami in vita; assistimi ogni giorno e specialmente nell’ora della morte.

Abbi pietà di me, Signore.


XIV. Stazione

Il corpo di Gesù, unto con gli aromi, è portato al sepolcro. Gesù aveva predetto la sua passione: «Ecco, andiamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà tradito e messo a morte» (Mt 20, 18-19).

Signore Gesù, sei all’ultimo atto della tua umiliazione, quella del sepolcro. Quanto siamo preziosi per te, o Signore, se tu hai dato la vita per noi.
Grazie, o Gesù. Voglio seguirti e amarti con tutto me stesso.

Abbi pietà di me, Signore.


XV. Stazione

Maria attende con viva fede la risurrezione del Figlio, secondo quanto Egli aveva predetto: «Il terzo giorno risorgerò» (Cfr.Mt 20,19).

Credo fermamente la risurrezione di Gesù Cristo, come credo alla nostra risurrezione.
Ogni giorno voglio risorgere a vita nuova per meritare di risorgere nella gloria dell’ultimo giorno.

Abbi pietà di me, Signore.


Preghiera finale

O Padre, che hai voluto salvarci con la morte in croce del Cristo tuo Figlio, accresci la nostra fede, rafforza la nostra speranza, purifica la nostra carità.
Per Cristo nostro Signore. Amen.

Que sont les enfers?

Immédiatement après sa mort, Jésus est « descendu aux enfers ». Le mot "enfer" vient du latin "infernus", c'est à dire "d'en-bas". Dans la conception juive, il correspond à ce que l’Ecriture appelle "shéol", c'est-à-dire le séjour des morts. Il ne faut pas confondre "les enfers" de "l'Enfer des damnés". Lors de sa descente aux enfers, Jésus ne descend pas dans le gouffre abyssal de "l’Enfer éternel", Il s'arrête juste à ses portes pour libérer les justes qui l’avaient précédé.  (cf : Concile de Tolède IV, le 05/12/633 - Denziger-Schönmetzer N°485). 

Collégiale de Semur (Bourgogne)

martedì 19 aprile 2011

Preghiera davanti alla Croce di Gesù


Tu ci hai amati abbastanza, o mio Dio, che per amore verso di noi, per dimostrarci, per dichiararci il tuo amore e per indurci in questo modo a contraccambiartelo (unico mezzo, per noi, per essere perfetti e felici sia in questa vita che nell'altra) hai voluto soffrire ed essere vilipeso fino a tal punto!  
Soffrire ed essere vilipeso senza misura per qualcuno, ecco il mezzo per provare a quella persona che la si ama senza misura […] Ecco ciò che Tu c'insegni, ecco la lezione che Tu ci dai sul Calvario . […] E nello stesso tempo ci dici: Vi ho amati fino a questo punto e ve l'ho così provato, dichiarato ... Amate me fino a questo punto, e provatemelo, dichiaratemelo, così come lo ho fatto per voi".
Ascoltiamo quest'invito, il più dolce, il più soave che possa venire fatto e che ci viene lanciato dall'essere infinitamente amabile, da Dio, bellezza suprema". E mettiamo a profitto la lezione che ci viene data dalla sapienza infinita, da Colui che unico può amare infinitamente, che unico sa ciò che il perfetto amore richiede […].
Soffriamo e lasciamoci vilipendere per Lui, accogliamo, accettiamo, desideriamo, ricerchiamo, abbracciamo qualsiasi sofferenza e qualsiasi disprezzo nella maggior misura possibile, senz'altro limite che quello della santa obbedienza a Dio e a coloro che lo rappresentano presso di noi, per dimostrare, per dichiarare a Gesù il nostro amore, per rendergli amore in cambio di amore ...
Oh! mio Signore Gesù, fammi vedere sempre più chiaramente questa verità essenziale e così necessaria che il demonio cerca continuamente di oscurare ai nostri occhi. Falla splendere dinanzi al mio sguardo, questa dottrina della croce, e fa' ch'io l'abbracci, così come Tu vuoi da me ... Fa' che anch'io possa dire di non sapere che una cosa sola: Gesù e Gesù crocifisso... Oh!, mio Dio, fa' che io veda, fa' che queste verità sfavillino sempre dinanzi ai miei occhi, e fa' che io conformi ad esse la mia vita, in Te, per mezzo di Te e per Te! Amen. E concedi le stesse grazie a tutti quanti gli uomini, in vista di Te. 


Charles de Foucault, Lettere spirituali, n.253.

giovedì 14 aprile 2011

La simplicité : une vertu oubliée ?

André Comte-Sponville, philosophe contemporain, considère à juste titre la simplicité comme la vérité des vertus :

"La simplicité est oubli de soi ; c’est en quoi elle est une vertu : non le contraire de l’égoïsme, comme la générosité, mais le contraire du narcissisme, de la prétention, de la suffisance. [...] Toute vertu sans elle manquerait de l’essentiel : que vaudrait une gratitude affectée, une humilité apprêtée, un courage qui ne serait que pour la montre ? Modestie sans simplicité, c’est fausse modestie. Sincérité sans simplicité c’est exhibitionnisme ou calcul. La simplicité est la vérité des vertus : chacune n’est elle-même qu’à la condition d’être libérée du souci de paraître. [...] Toute vertu, sans la simplicité, est donc pervertie, comme vidée d’elle-même, comme remplie de soi. [...] La simplicité est la vérité des vertus, et l’excuse des défauts. C’est la grâce des saints et le charme des pécheurs. [...] Le simple est celui qui ne fait pas semblant, qui ne fait pas attention (à soi, à son image, à sa réputation), qui ne calcule pas, qui est sans ruse et sans secret, sans idées de derrière. [...] La simplicité est vertu présente, vertu actuelle, c’est en quoi aucune vertu n’est réelle qu’à la condition d’être simple"[1].

Voici ce que nous dit saint François de Sales :

« La simplicité n’est autre chose qu’un acte de charité pur et simple, qui n’a qu’une seule fin : acquérir l’amour de Dieu. Et notre âme est dans la simplicité lorsque nous n’avons point d’autre prétention que celle-là, en tout ce que nous faisons[2]. [...] La vertu de simplicité est opposée et contraire à l’astuce, vice d’où proviennent les finesses, les artifices et les actes de duplicité[3]. L’astuce est un amas d’artifices, de trom­peries, de malices. Ce vice, qui nous rend ingénieux dans la façon de trom­per le prochain et ceux avec qui nous avons à faire, nous permet de les amener là où nous voulons… Cela est infiniment contraire à la simplicité, qui exige que notre extérieur soit le reflet de notre intérieur. [...] La simplicité ne vise qu’à contenter Dieu et nulle­ment les créatures, à moins que ce soit l’amour de Dieu qui nous le commande »[4].

La Mère Jeanne de Chantal donnait ce témoignage :

« Rien n’était plus simple que sa vie : on n’y trouvait aucune singularité, rien qui puisse provoquer l’admiration de ceux qui ne regardent que l’extérieur. Il menait un train de vie commun, mais d’une manière si divine et si céleste que  rien, dans sa vie, ne pouvait être plus admirable[5] ».
Le meilleur moyen d’être simples, dit encore François de Sales, c’est de tenir notre cœur proche de Dieu[6]. Quelle simplicité dans la simplicité elle-même, et quelle joie de vivre en Dieu ! Voici ce que nous dit encore le saint évêque :

"Marchez constamment en esprit de simpli­cité, c’est-à-dire en abandonnant et en remettant toute votre âme, vos actions et vos succès au bon plaisir de Dieu. Faites-le pour l’amour d’une parfaite et très absolue confiance, en vous abandonnant au soin et à l’amour éternel que la divine Providence a pour vous. Tenez aussi votre âme ferme, sans lui permettre de s’épuiser par des retours sur elle-même pour examiner ce qu’elle fait ou si elle est satisfaite"[7].

La simplicité ne se réduit pas à une forme de sobriété ou de modération dans la façon de vivre, de manger, de se vêtir ou de dépenser son argent ; c’est bien plus que cela ! C’est être humble et vrai dans son rapport avec Dieu et avec le prochain. En effet, la simplicité, qui est à la fois intérieure et extérieure, nous inspire des paroles charitables à l’égard du prochain et rend notre prière toujours plus pure et vraie aux yeux de Dieu. Une telle simplicité n’est possible que si nous acceptons de nous remettre entièrement dans les mains de Dieu ; c’est ce que François appelait : le saint abandon. Accueillons de bon cœur tout ce que Dieu voudra pour nous et restons-lui fidèles quoiqu’il arrive. Ainsi, notre cœur restera serein et paisible, que ce soit dans les tourmentes ou dans les moments d’accalmie. Ne désirons rien d’autre que de bien faire ce que Dieu attend de nous aujourd’hui, sans jamais douter de son aide. Voilà ce qu’est la vraie simplicité du cœur !

© Père Gilles (Ne pas publier sans mon autorisation)



[1] A. Comte-Sponville, Petit traité des grandes vertus, p. 231-234.
[2] ENT dans ΠVI, p. 202.
[3] Saint François nous explique qu’est pour lui la duplicité : une bonne action à laquelle s’ajoute une intention mauvaise ou vaine (dans Œ XIII, p. 304).
[4] ENT  dans Œ VI, p. 207.
[5] J-P. Camus, Esprit de Saint François de Sales,  J. Lefort,  Paris 1879, tome II, p. 573.
[6] PO V, dans ΠXXVI, p. 298.
[7] Ibid., p. 273.

martedì 12 aprile 2011

Crocifisso oltraggiato

Dal 12 dicembre 2010 il Museo d’Arte Moderno di Avignone (Francia) ospita lo scandaloso Piss Christ (in italiano "Cristo di piscio") è una fotografia realizzata nel 1987 dal fotografo statunitense Andres Serrano. La foto raffigura un piccolo crocifisso di plastica immerso in un bicchiere di vetro contenente l'urina dell'autore. L'opera ha vinto, nel 1989 il premio Awards in the Visual Arts messo in palio dal Southeastern Center for Contemporary Arts e sponsorizzato dal National Endowment for the Arts, ente governativo statunitense che tutela e finanzia progetti a cui è riconosciuta un'eccellenza artistica.
Il vescovo di Avignone ha reagito condannando questa rappresentazione scandalosa, ideata da un artista cristiano: “Ogni oltraggio alla nostra fede ci ferisce – spiega il vescovo Jean-Pierre Cattenoz – di fronte al lato odioso di questa fotografia, ogni credente è colpito nel più profondo della sua fede”.
Stiamo per entrare nella Settimana Santa, guardiamo con amore il Cristo sulla Croce, è Lui la rivelazione più sconvolgente dell’amore di Dio.

19/04/2011

Dopo giorni di proteste da parte dei cattolici e una manifestazione per le strade di Avignone, nel sud della Francia, la controversa opera dell'americano Andres Serrano, Immersion Piss Christ, una foto che rappresenta un crocifisso nell'urina dell'artista, è stata presa a martellate. Due uomini non identificati sono entrati in azione in mattinata, subito dopo l'apertura della galleria d'arte contemporanea di Avignone in cui l'opera è esposta per una mostra. I due hanno pagato il biglietto, si sono diretti nella sala dove l'opera era appesa e, dopo aver minacciato alcuni sorveglianti, l'hanno colpita più volte con un martello e un oggetto contundente, probabilmente un cacciavite, dandosi poi alla fuga.
Ad Avignone la tensione è salite da quando l'opera è stata esposta. Lettere di protesta sono giunti alla Galleria Lambert, che ha organizzato la mostra, intitolata «Credo ai miracoli». Il collettivo cattolico di estrema destra Civitas ha pubblicato sul suo sito internet un manifesto «per l'onore del crocifisso» in cui giudicano «blasfema» l'opera in questione. Sabato poi centinaia di manifestanti, ai quali si erano uniti anche militanti del Fronte Nazionale, il partito di estrema destra, sono scesi in strada per chiedere il ritiro dell'opera. Il vescovo della città, famosa per il celebre Palazzo papale, monsignor Jean-Pierre Cattenoz, si è unito alle proteste, e ha lanciato un appello perché «la fotografia-spazzatura» fosse tolta. È intervenuto per condannare il gesto vandalico il ministro della Cultura francese, Frederic Mitterand, che lo ha definito un «attentato ad un principio fondamentale, la libertà di creazione e di espressione prevista dalla legge». 


(L'Arena.it)




sabato 9 aprile 2011

Foi, Espérance et charité

Foi, Espérance et Charité
Les vertus théologales selon saint François de Sales



Ces vertus divines, qui parlent plus au cœur qu’à l’intelligence, nous apportent la consolante certitude d’être aimés de Dieu, d’un amour offert gratuitement et pour toujours. Saint François, loin de rebuter le lecteur par des subtilités théologiques, va droit à l’essentiel : il nous invite à contempler le Cœur du Christ, dans lequel s’harmonisent parfaitement toutes les vertus. Si François de Sales nous conduit au Cœur du Christ, c’est pour nous indiquer la source de l’amour, où nous pourrons puiser les forces dont nous avons besoin pour vivre chrétiennement. Ces vertus, qui ouvrent notre cœur à la révélation de l’amour divin, nous procurent la joie, la paix et la fécondité.
Croire, espérer, aimer : trois vertus pour vivre différemment, trois vertus pour rencontrer Dieu et le prochain dans un même amour.

Editions de l’Emmanuel 2011

giovedì 7 aprile 2011

L'avarizia : un veleno per l'anima

Nella commedia scritta nel 1668, Molière ritrae con ironia l’avarizia di Arpagone. Borghese, vecchio, ricco e vedovo, Arpagone, dominato dall’avarizia, sotterra in giardino una preziosa cassetta contenente diecimila scudi d’oro, cassetta per la quale vive in continua ansia. Ossessionato dall’idea che vogliano rubargli il suo bene, Arpagone s’insospettisce di tutti, persino dei propri figli, Cleante ed Elisa… Tale commedia, caricatura di un’avarizia consolidata nel tempo, mette in luce la tirannia e la follia di cui Arpagone è schiavo.
Il taccagno, in realtà, non è mai sazio né soddisfatto di ciò che ha: così, invidia continuamente gli altri, soprattutto chi possiede o si arricchisce più di lui; è diffidente e sospettoso delle persone che invidia; disprezza i poveri e i bisognosi, ai quali rifi uta l’elemosina; e, siccome vive con l’ossessiva paura di mancare di soldi, se perde una piccola somma di denaro, ha l’impressione che gli crolli il mondo addosso!


Louis de Funès interpretava alla perfezione il ruolo di un borghese ricco e avaro nel film L’avaro (1980), tratto dalla celebre opera di Molière. Secondo qualche indiscrezione, sembra che l’attore francese fosse davvero tirchio. L’attore Pierre Richard raccontava, infatti, che de Funès preferiva pagare il tassista con un assegno anziché in contanti, perché questi, invece d’incassare l’assegno, preferiva tenerlo per ricordo o lo esibiva orgogliosamente agli amici. È così che l’attore riusciva a risparmiare!
Divorati dalla bramosia e dall’ansia di possedere sempre di più, l’avaro e il cupido inseguono tesori effimeri e dimenticano che l’unico bene, che possa durevolmente colmare il cuore umano, è Dio stesso. Non dobbiamo, dunque, sorprenderci se chi « adora » il denaro, nella misura in cui è simbolo di potere, ha un cuore indurito, inaridito dall’egoismo e dal materialismo. 
San Francesco di Sales dichiara che le persone contagiate dall’avarizia non si riconoscono mai come malate; anzi, trovano sempre qualche pretesto per giustificare i propri comportamenti: "Nessuno vorrà mai ammettere la propria avarizia, e ciascuno disapprova questa bassezza. Chi invoca a scusa il pesante fardello dei figli; chi la necessità di crearsi una posizione solida. Non si possiede mai abbastanza; si scopre sempre un motivo per avere di più. Quelli poi che sono avari più degli altri, non ammetteranno mai di esserlo, e il bello è che, in coscienza, sono proprio convinti di non esserlo! L’avarizia è una febbre maligna, che più è forte e bruciante e più rende insensibili. Mosè vide la fiamma che bruciava un cespuglio senza consumarlo; al contrario il fuoco dell’avarizia, consuma e divora l’avaro senza mai bruciarlo. Tra gli ardori e i calori più forti, egli si vanta di provare la più riposante freschezza di questo mondo, e ritiene la sua sete insaziabile una sete naturale e piacevole" (Opere III, pp. 185-186).

P. Gilles

Cf. Guarire le ferite dell'anima con san Francesco di Sales, Paoline, 2011, pp.62-76.


sabato 2 aprile 2011

Coraggio nelle avversità

«Non vi mettete in apprensione per i mali futuri di questo mondo, che forse non vi accadranno mai; ma quand'anche vi accadessero, Dio vi darebbe la forza di sopportarli. Gesù comandò a San Pietro di camminare sulle acque ma Pietro, al soffiar del vento e al pericolo della procella, temette, e il timore quasi lo fece sommergere. Allora domandò aiuto al Signore che gli disse: Uomo di poca fede, perché hai dubitato... e porgendogli la mano, lo trasse a salvamento. Se Dio vi fa camminare sopra le acque tempestose delle avversità, non dubitate, non temete, Dio è con voi: abbiate coraggio e sarete tratti in salvo».
San Francesco di Sales

(Lett. 1420 = O. XVII, p. 211)

venerdì 1 aprile 2011

Le bêtisier diabolique

Le diable, dit-on, se sert de la graisse humaine pour confectionner ses maléfices. Les sorcières d'Allemagne se frottent de cette graisse pour aller au Sabbat en passant par la cheminée. Les sorcières en France y vont en enjambant leur balai, et celles d’Italie en  chevauchant un bouc !