Il male vinto dalla
potenza della Croce
Discorrere su Satana è cosa particolarmente
delicata: o si tende a parlarne troppo, esacerbando paure o fantasie malsane, o
si tace perché l’argomento è scomodo. Cercherò di affrontare il discorso, evitando
di cadere nell’uno o nell’altro di questi eccessi.
L’insegnamento
della Chiesa e l’esperienza dei maestri di vita spirituale, nutriti alla fonte
delle Sacre Scritture, ci pongono davanti a una tremenda realtà: chi ama Gesù e
accoglie la sua parola è confrontato inevitabilmente a Satana, che è il grande
nemico della nostra salvezza. Questo spirito malefico è sempre sul piede di
guerra e non lascia tregua all’anima che vive nell’amore e nella pace di Dio.
Satana è tutt’altro che uno spirito pacifico, poiché il suo tormento nell’inferno
consiste nel non aver mai né amore né pace. Egli è, per definizione, uno
spirito ribelle e violento e, per quanto ne sappiamo dalle labbra di Gesù, “omicida fin dal principio e padre della
menzogna” (Gv 8, 44).
Molti
cristiani non hanno la consapevolezza di trovarsi in una situazione “bellica”
contro le forze de male e non sanno che, in forza del loro battesimo, sono
abilitati vincere la guerra contro Satana. Essi si sentono volentieri chiamati
a lottare per la giustizia e la pace sulla terra, ma tendono a dimenticare il
combattimento spirituale, che consiste nel rifiutare il peccato per unirsi più
pienamente a Dio.
In questa battaglia tra il bene e il male,
Cristo è il vincitore assoluto. La sua vittoria, però, fu ottenuta in un modo
del tutto inconsueto per noi, perché Cristo non dispone da armi visibili, né
ricorre a nessuna forma di prepotenza, ma disarma la violenza con l’unica arma
che possiede: l’amore. È solo
con l’amore verso gli uomini e con una piena adesione alla volontà di suo Padre,
che Gesù sconfigge l’odio e spezza il circolo vizioso del male. Satana, invece,
non può che odiare e propinare il suo abominevole veleno nel mondo.
Per distruggere
il male, cosa insegna il divin Maestro? Lo straordinario modo di vincere di
Gesù è rivelato nella Lettera ai Filippesi: “Egli
annullò in sé la violenza con l’umiltà, condotta avanti fino alla morte e alla
morte di croce” (Fil 2, 8).
Al
contrario dell’uomo, che vive di violenze date e ricevute, Gesù, nell’offerta
della propria vita sulla croce, distrugge la violenza con la sua mitezza. È l’umiltà di Cristo ad aver trionfato
sull’Avversario della nostra salvezza! La prepotenza del “Grande
disobbediente”, infatti, è stata sconfitta dalla sottomissione di Gesù alla
volontà del Padre. È nell’amore
incondizionato verso il Padre suo, che Gesù ha tratto la forza per soffrire
umilmente, fino a farne un dono d’amore per la salvezza dell’umanità. Gesù,
agonizzante sulla croce, attinge la forza di soffrire la Passione unicamente nell’amore
che lo unisce al Padre.
Numerosi cristiani, purtroppo, non vedono nella
croce un segno e una realtà della sofferenza e dell’amore umile di Cristo. “Il vanto della croce” di cui parla
Paolo ai Galati è stoltezza o follia agli occhi del mondo. Chi potrà capire che
la misura dell’amore perfetto sta nell’offerta del dolore totale? Con questa
espressione voglio dire Gesù ha patito sulla croce non solo il dolore fisico ma
anche morale e spirituale, vissuto in una totale adesione alla volontà del
Padre.
Ci
sentiamo tutti piccoli davanti al mistero della Croce che ci intimorisce per la
crudeltà e il ribrezzo che ispira. Anche la nostra croce quotidiana, a volte,
ci repelle. Essa, però, può diventare accettabile o anche desiderabile, se è
vista nella luce dell’amore divino. Accettare la propria croce è tutt’altro che
attraente: ci impaurisce, eppure, fidandoci di Dio, continueremo a dire sì alla
volontà di Dio.
Origene
diceva che “Ciascuno di noi porta dentro
di sé il proprio olocausto”. Ognuno ha, infatti, la possibilità concreta di
offrirsi insieme al Crocifisso come olocausto gradito al Padre. Con la nostra
vita, offriamo le nostre gioie e sofferenze e, soprattutto, il nostro amore.
Per
uscire dalle grinfie di Satana, bisogna porsi in adorazione sotto la croce di
Cristo e implorare la divina misericordia. Il metodo più sicuro per salvarsi
dall’ingranaggio diabolico, che conduce alla morte eterna, consiste
nell’imitare l’umiltà e l’amore che Gesù portò a suo Padre sulla croce. Anche
noi siamo invitati a inserire la nostra volontà in quella del Padre e a non
dubitare del suo amore infinito. Proviamo a crocifiggere il “vecchio uomo”
sulla croce e faremo l’esperienza in una nuova vita, quella che Cristo ci
offre.
Non è
con la paura che si affronta il demonio, ma con la certezza che Gesù ha già
vinto Satana e con la consapevolezza che siamo chiamati a prendere parte alla
sua vittoria, quella già realizzata nella Risurrezione di Gesù.
© Padre Gilles
“Come per Cristo, così pure per i
cristiani portare la croce non è dunque facoltativo, ma è una missione da
abbracciare per amore. Nel nostro mondo attuale, dove sembrano dominare le
forze che dividono e distruggono, il Cristo non cessa di proporre a tutti il
suo chiaro invito: chi vuol essere mio discepolo, rinneghi il proprio egoismo e
porti con me la croce”.
E’ infatti con la sua morte e
risurrezione, che Gesù ha sconfitto il peccato e la morte ristabilendo la
signoria di Dio. Ma la lotta non è finita: il male esiste e resiste in ogni
generazione, anche ai nostri giorni. Che cosa sono gli orrori della guerra, le
violenze sugli innocenti, la miseria e l’ingiustizia che infieriscono sui
deboli, se non l’opposizione del male al regno di Dio? E come rispondere a
tanta malvagità se non con la forza disarmata dell’amore che vince l’odio,
della vita che non teme la morte? E’ la stessa misteriosa forza che usò Gesù, a
costo di essere incompreso e abbandonato da molti dei suoi”
Papa Benedetto XVI, Angelus, Castel Gandolfo, 13 Agosto 2008.
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